A prescindere dal tipo di metodo utilizzato per realizzarlo, un caffè di qualità preparato a regola d’arte deve seguire precise regole. Il rito del caffè, quello a cui nessuno di noi rinuncerebbe mai, quindi, si può ripercorrere con un approccio sensoriale attraverso l’aroma della tradizione o l’eccellenza dell’innovazione.
In altre parole un buon caffè può sgorgare sia da una vecchia moka di famiglia che da una recente macchinetta per cialde o capsule: l’importante, come per ogni elemento di gusto, è la qualità delle materie prime.
Non solo: ogni preparazione della bevanda più amata al mondo deve rispettare una serie di criteri che non riguardano solo la qualità del caffè e della torrefazione ma anche temperatura, pressione e durata di estrazione.
Certamente la diffusione delle macchinette per caffè ha semplificato l’iter di preparazione, in quanto richiedono solamente l’inserimento di una cialda e l’avvio del passaggio di acqua calda.
In questo caso, come quando degustiamo un caffè al bar, ci sono una serie di indizi che ci fanno capire se quello che abbiamo davanti sia effettivamente un espresso a regola d’arte: vediamo grazie al contributo degli esperti di Neroristretto, azienda specializzata nella produzione di capsule di caffè, quali sono gli elementi essenziali per riconoscere un buon caffè.
Il primo indizio riguarda l’esame visivo e olfattivo
Alla vista il buon caffè è denso e corposo, oltre a emanare colori vivaci ed una texture decisa e persistente. Il caffè deve avere un colore di nocciola tostata, spesso definito nel gergo come “color tonaca di frate” e che, quindi, deve ricondurre lievemente al rossiccio.
Questa colorazione, vivida e accesa, ci fa capire che la percentuale di Arabica è elevata. Viceversa quando la crema è scura e presenta macchie a sfondo scuro, l’espresso sarà bruciacchiato e per nulla gradevole.
Un colore “sano” indica una percentuale di Arabica soddisfacente ed un’estrazione impeccabile. In caso contrario, invece, il caffè sarà stato sovra-estratto oppure preparato con polvere eccessivamente fine.
L’aspetto della cremina in superficie
La trama della cremina superficiale, invece, dovrà presentare delle piccolissime maglie, quasi impercettibili all’occhio. Quando la crema è grigiastra ci troviamo dinanzi ad una miscela Robusta mentre, quando è più tendente alla nocciola, la preparazione sarà per lo più Arabica.
In ogni caso in ogni caffè preparato “come si deve” la cremina superficiale misura almeno tre millimetri di spessore e si presenta corposa e densa. Quando noti delle bollicine, molto probabilmente, significa che la miscela di polvere è ancora molto fresca e, quindi, che è stata tostata di recente.
Dopo l’analisi visiva potrai passare a quella olfattiva
L’aroma è l’anima stessa del caffè ed è per questo che, in base al tipo di miscela che avremo il piacere di gustare, potremmo percepire tanti odori diversi, da quelli più verdi a quelli più speziati.
Quando un caffè è buono lo si evince dalle molecole volatili che svolazzano dalla tazzina e che stimolano i nostri recettori neurali. Quando la sensazione si avvicina al tostato ma regala anche bouquet di profumazioni erbacee e floreali, siamo dinanzi ad un Caffè con la C maiuscola. Viceversa l’odore di tostato persistente o peggio, quello di di posa, potrebbe essere sintomatico di un espresso non proprio eccellente.
Il caffè buono e l’effetto sul palato
Finalmente giungiamo al sodo della questione, ovvero al test di gusto sulle nostre papille, dove si incontrano le sensazioni amare, acide e dolciastre tipiche di un buon caffè. Grazie alla degustazione possiamo capire, in una manciata di secondi, le distribuzioni di acidità, dolcezza e amarezza in base al tipo di miscela estratta.
La prima sensazione che sopraggiunge sulla lingua è quella dell’amarezza, seguita dall’acidità, che è più marcata nell’Arabica. La sapidità, invece, sopraggiunge con micro-tonalità di dolcezza ed è la sensazione che, più tra tutte, ci fa capire se stiamo bevendo un buon espresso.
Nelle tostature a regola d’arte, così come nelle estrazioni compiute da mani esperte, la sapidità spazia dal caramello alla nocciola, passando per i sapori più legnosi e terrosi alternati da brevissime note dolciastre e fruttate.
Apprezzare il caffè è un esercizio di pazienza
Quando queste sensazioni non sono per nulla percepite le possibili cause sono molteplici. Per esempio un fumatore o un degustatore dal palato particolarmente secco e macchiato da altri sapori, difficilmente potrà percepire tutti questi sapori, anche espirando in retrogusto.
Ovviamente anche il palato meno allenato può rendersi conto se, quello che ha appena bevuto, sia un caffè estratto male e bruciacchiato o, invece, una bevanda preparata con rigore e sapienza.
Certo è che le materie prime contano molto, così come i procedimenti di lavorazione che portano la pianta di caffè a trasformarsi nella polvere fine e profumata che verrà poi pressata nelle cialde o versata, con passione, nel tradizionale imbuto forellato della Moka.
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